La nuova frontiera del fotovoltaico è la condivisione. Una soluzione importante per l’abbattimento della povertà energetica è quella delle “Comunità Energetiche”, ovvero persone o enti che condividono lo sfruttamento di una stessa fonte di energia rinnovabile.
L’analisi di Paolo Pizzolante, presidente e amministratore delegato di Plangreen
Enti pubblici, aziende e singole famiglie in tutta Europa stanno scegliendo la via della produzione di energia solare e la condividono all’interno dello stesso territorio. In questo modo riducono la dipendenza dalla rete elettrica e dalle fluttuazioni del mercato internazionale dell’energia. Il tutto sfruttando una fonte gratuita e infinita: il sole. Si tratta, dunque, di un’innovativa concezione di consumo e sviluppo, che combatte gli sprechi e favorisce la creazione di plusvalore sociale.
Chi possiede ampi tetti ma ha bassi consumi, finora non è stato interessato a ospitare impianti di produzione fotovoltaica. Oltre al costo di installazione, il beneficio era limitato, sia perché lo era il risparmio in bolletta (almeno fino allo scorso anno), sia perché il proprietario era costretto a cedere molta energia in rete con una remunerazione più bassa. Consideriamo, infatti, che solitamente viene consumato circa il 30 per cento dell’energia prodotta con i pannelli fotovoltaici privati, utilizzando solo una parte del tetto disponibile. Oggi con le Comunità Energetiche quell’energia residua, e l’intero tetto, possono essere messi a disposizione della comunità circostante, rendendo quel tetto una risorsa per tutta la cittadinanza.
Le Comunità Energetiche producono energia elettrica attraverso lo sfruttamento di impianti fotovoltaici o eolici, che può essere condivisa (come nel caso di una centrale a disposizione della collettività). In questo modo i consumatori diventano anche produttori e la parte di energia non consumata viene ceduta agli altri soggetti aderenti.
Non da ultimi vanno considerati anche i benefici ambientali. Il ricorso all’energia green riduce l’emissione di CO2 nell’atmosfera e, di conseguenza, mitiga i cambiamenti climatici. Le Comunità Energetiche, fondandosi sul rifiuto di impiego delle fonti fossili, sono quindi la risposta all’interrogativo su come coniugare sviluppo umano e tutela dell’ambiente.
Paolo Pizzolante, presidente e amministratore delegato di Plangreen Srl ha un’idea molto chiara sull’utilità delle comunità energetiche: «È una riforma rivoluzionaria perché tali comunità si basano sull’adesione aperta e volontaria, sono autonome, vivono nelle vicinanze degli impianti rinnovabili ed efficientano anche le situazioni di consumo spora- dico, come nel caso delle scuole, delle manifatture, dell’agricoltura e degli alberghi, la cui produzione da fotovoltaico finisce nella rete durante i giorni di inattività. In questo modo, invece, può essere condivisa. L’energia rinnovabile, che sia solare, idroelettrica o eolica, attualmente non può rappresentare la soluzione a tutti i problemi. Avere però a disposizione l’infrastruttura tecnologica che ci permette di generare energia da una fonte gratuita come il sole, offre due vantaggi importanti: un effetto calmierante sulle bollette, che in questo momento storico è un vantaggio non indifferente per famiglie e imprese, e generare energia direttamente dove serve, senza ulteriori costi di trasporto. In quest’ottica, le Comunità Energetiche Rinnovabili permettono di produrre energia in surplus su un tetto, immetterla in rete, e generare anche un incentivo per ogni kWh che altri edifici consumano nello stesso momento. Il tetto pubblico o di un’azienda può diventare davvero una risorsa per tutta la comunità. È proprio sul pubblico che ci stiamo concentrando in questa fase, perché la funzione pubblica della comunità energetica è un beneficio fondamentale per l’ente. L’azienda, invece, può utilizzarla per responsabilità sociale d’impresa o welfare aziendale»
– Lucrezia Gennari