L’intervista a Paolo Pizzolante, ad di PlanGreen: «È consigliato elaborare un progetto preliminare per capire quali numeri genererà la CER≫
Le CER – comunità energetiche rinnovabili – sono entità giuridiche che permettono a cittadini, aziende o amministrazioni di produrre, condividere e e consumare energia di impianti fotovoltaici o altri impianti di energia rinnovabile. Non sono una novità, ma negli ultimi mesi sono tornate in grande auge e per molti rappresentano una via sostenibile sia a livello ambientale che a a livello economico destinata a moltiplicarsi a livello esponenziale. Ma come funzionano esattamente? Chi ci si può realmente cimentare? Facciamo chiarezza con Paolo Pizzolante, fondatore AD di PlanGreen srl, azienda che si occupa da oltre 10 anni di efficientamento energetico, impianti fotovoltaici ed illuminotecnica e Comunità energetiche, utilizzando le più moderne tecnologie. Da marzo scorso, la sede, a Misano Adriatico, è la prima comunità energetica d’Italia dedicata al welfare aziendale: i dipendenti beneficiano della vendita di energia del loro impianto fotovoltaico e ricevono quindi una remunerazione annuale che aumenta all’aumentare del costo energia.
Si parla tanto di Comunità Energetiche, ma che cosa sono in parole semplici?
«Si tratta di aggregazioni di persone, imprese o enti locali che collaborano per produrre e consumare energia in modo sostenibile, in un’area circoscritta. Il principio fondante è quello della condivisione dell’energia: chi produce di più condivide con chi consuma di più».
Chi può fare una comunità energetica e che requisiti deve avere?
«La CER può essere fatta sia da un privato che da una impresa o una serie di realtà che si unisce per realizzarla. In pratica, succede questo: se il vostro vicino ha un impianto di produzione fotovoltaica, ci sono momenti della giornata in cui la sua in cui la sua energia i in eccesso genera un kWh che viene rimandato in rete, nello stesso momento in cui potreste a averne bisogno voi. Quel kWh, però, il vostro vicino non può venderlo a voi, deve vender deve venderlo allo Stato che lo e lo mette sul mercato, poi lo compra il vostro fornitore di energia che lo vende a voi, al prezzo di tutti gli altri kWh che vi trovate in bolletta. Allora nasce la legislazione sulle Comunità energetiche, che sostanzialmente dice: “Se tu e il tuo vicino create una CER, ossia vi scambiate kWh, io vi do un incentivo”. Poi è lo stesso cittadino che deve valutare la convenienza, sulla base di quanto ritorno la CER promette per ogni kWh condiviso, e soprattutto se se la CER è dotata di impianti di produzione di energia adeguati al numero di membri. Una CER che si basi esclusivamente su piccoli i impianti i residenziali in rete, non genererà adeguate economie per molti membri che siano solo consumatori. Diversamente, una CER che ha in dotazione un grande impianto di produzione di energia, può dare soddisfazione economica anche a una larga platea di cittadini che sono meri consumatori».
C’è un supporto delle istituzioni per realizzare uno studio di fattibilità e valutare il potenziale fotovoltaico?
«C’è molto fermento intorno a questo argomento. Lo Lo Stato incentiva queste comunità con un contributo, che non può essere usato a scopo di business, ma appunto comunitario: per questo le CER sono società senza scopo di lucro. In attesa della pubblicazione del Decreto ufficiale, la legge prevede una adesione libera di qualsiasi i cittadino, attraverso la semplice compilazione di un modulo di adesione. La vera necessità economica sarà però quella relativa alla costruzione di grandi impianti a supporto dei consumi della CER».
Fonte: Corriere di Romagna
Giornalista: Cecilia Moretti